In questo bell'articolo, la nostra compaesana Lucilla Piccioni, raconta delle nostre pesche e degli orti. Resta pero' da scoprire chi e' la signora Deinde......
Il Messaggero 28/06/2012 - PAG. 49
Tornano gli antichi orti a Papigno grazie al lavoro di alcuni abitanti L’attesa per la nascita degli alberi di «perzico»
Un gruppo di abitanti ha ricostruito gli orti per ricreare l’ambiente di un tempo
Salvati i «perzichi» di Papigno
La signora Deinde ha custodito gelosamente gli ultimi due alberi della specie
LA SCOPERTA
di LUCILLA PICCIONI
Sembrava scomparsa da almenocinquanta anni. Fino ai primissimi anni Sessanta se ne potevano trovare alcuni esemplari in vendita al mercato coperto.
Era considerata preziosa tanto che la signora Deinde, classe 1918, venditrice ambulante di frutta per tutta la vita, la comprava dai contadini ma non la vendeva la teneva per i propri figli. Sembrava che tutti gli alberi i rinomati «perzichi» di Papigno si fossero seccati uccisi dalle polveri e dai gas conbusti che avevano inquinato tutta la zona con l'avvento della fabbrica. Ed invece almeno due esemplari si sono salvati. E stanno proprio a
Papigno.
«Non diciamo dove, perché sono troppo preziosi; ma questo ci fa ben sperare e cominciamo ad essere ottimisti sul fatto che i perzichi torneranno a Papigno», dice orgogliosaCristina
Garofalo una delle colonne del nuovo movimento che sta riportando alla luce tante bellezze dell'antica municipalità di Papigno.
Per averela
certezza assoluta sull'identità dei perzichi bisognerà aspettare che i frutti maturino, sapore, colore e profumo sono inconfondibili.
I perzichi vegetano nella zona fin dai tempi di Plinio, scrittore e senatore romano vissuto tra il 61 ed il 113
dopo Cristo, ne parla con ammirazione.
Erano apprezzati fin dal'600 e citati in testi d'arte,di viaggi e di letteratura. «Frutti di una non ordinaria grossezza» li dichiara il Riccardi, il proprietario del palazzo in piazza Duomo nei primi anni
dell'800"e Alinda Bonacci Brunamonti, poetessa perugina e donna di cultura vissuta nellaseconda metà dell'Ottocento, li dipinge con le parole "e il Sol
d'agosto imporpora la gota lanuginosa delle pesche d'oro", e ancora la testimonianza entusiasta del Vescovo di Terni Vincenzo Tizzani nel 1843 «le peschedi Papigno pesavano ognuna fino a venti once romane».
L'operadi industrializzazione, iniziata nel 1901 comporta anche degrado da inquinamento delle produzioni agricole nei campi, negli orti e nei frutteti .
Ne rimane colpito anche il famoso pesco.
Riportare a Papigno il «perzico» è importante per i naturalisti per chi si interessa di archeologia arborea ma è l'emblema di un riscatto frutto questo dell' affetto e della caparbietà di ungruppo di abitanti. Quella testardaggine che ha detto no al pressappochismo, ai luoghi comuni che vogliono tutto brutto e senza senso e che incollano gli occhi a demenziali programmi televisivi per etero diretti. Un gruppo di abitanti si è guardato
intorno ha ritrovato forza e coraggio ed ha cominciato a disboscare a studiare a ricercare
antiche mappe e foto del paese. Si sono ricostruiti i vecchi terrazzamenti, quelli per cui Papigno era considerato un gioiello verde, qualcuno ha anche rimesso insieme i vecchi muretti a secco che dividevano
le proprietà.
«Un lavoromassacrante, che ci ha visto faticare come animati da un furore», racconta Cristina Garofalo. E in effetti quel racconto ha il sapore di una fiaba dove i vicini si riscoprono parte di un gruppo, dove chi ha mette a disposizione competenze, conoscenze, materiali. Dove i nonni insegnano i segreti del mestiere ai loro nipoti e insieme raccolgono zucchine, pomodori e lattuga. Rinascono gli orti a Papigno la dove c'erano un tempo, si torna a coltivare e a nutrirsi dei prodotti della propria terra. E in questo contesto di riscoperta il perzico non poteva non avere un posto d'onore.
Salve,
RispondiEliminasembrerà strano ma ero alla ricerca di una notizia di questo genere!
Avevo letto un'articolo sul Messaggero di Roma e mi era tornato in mente il sapore delle persiche di Papigno piantate nel nostro giardino!
Purtroppo l'albero non ha resistito al tempo ...
Lascio la mia mail (fabriziobogo@gmail.com) qualora fosse possibile fare un passaggio di semi per tentare di far ripartire la tradizione che tanti lustri ha dato in passato.
Spero di ricevere un vostro contatto.
Un saluto,
Fabrizio